giovedì 20 marzo 2014

La società degli egoisti

Pubblicare sé stessi, recensire sé stessi, lodare sé stessi per poter vivere in mezzo agli altri. Non notate l'ossimoro?

Si è sempre pensato, ci è stato così insegnato, che per vivere insieme agli altri è necessario rispettare regole comuni.
I grandi filosofi del giusnaturalismo, Immanuel Kant über alles, come potrebbero convenire che la società si esprima invece con elementi seflish, ovvero egoistici e personalistici?

Quando abbiamo cambiato i parametri della società? La risposta è: "Mai".
Abbiamo soltanto smesso di prenderci cura delle regole e del vivere collettivo.

La nascita di modelli virtuali di società ha spersonalizzato i contesti, a reso trasversali ed eterei i momenti di aggregazione, fino ad escludere la componente collettiva dalla quotidianità.
Ma non è pur vero che viviamo in un contesto reale? Possiamo vivere a contatto con altri esseri pur senza curarci minimamente di loro?
Rispetto alla tradizionale aggregazione fisica fornitaci dalle religioni e dalla politica, dalla collettività "pre-informatica", dobbiamo oggi accettare la liquidità della comunicazione e la conseguente disgregazione sociale.
Dobbiamo scorporare, nel vero senso della parola, la nostra capacità sociale, pur non dimenticando che abbiamo un'esistenza corporale da tutelare.

Come può venire accettato che la socializzazione passi attraverso comportamenti asociali se non addirittura antisociali?

A frequentare persone d'oggi, si possono individuare comportamenti di accesa militanza accostati al totale disinteresse alla radicalizzazione della stessa.
I giovani, così come gli adulti che non hanno avuto un  particolare percorso di crescita interiore, sono disposti a difendere a spada tratta idee e gruppi che probabilmente lasceranno in capo a poco tempo e da cui si distaccheranno fino anche a rinnegarne l'appartenenza.

Questa transitorietà assoluta dei rapporti sociali è compatibile con una società creata attraverso la secolarizzazione della collettività locale?

Qual'è la soluzione innovativa che permetterà l'aggregazione virtuale e il rispetto dei valori collettivi?
Di certo la società non si consoliderà con la pubblicazione di sé stessa, con l'uniformazione assoluta dei modelli fino all'annientamento degli stessi, oppure con la loro eliminazione fino all'individualismo totale.

Devono esistere modelli di riferimento, anche se oggi non appaiono ancora credibili.
La rinascita sociale passerà per aspri conflitti e per la ri-determinazione dei valori comuni.
Abbiamo oggi il privilegio di vivere una fase di transizione, di conoscere quel momento in cui, tra il diffuso egoismo, si pongono le basi dei nuovi valori intellettuali che saranno il sentiero su cui camminerà la nostra progenie.

sabato 15 marzo 2014

Essere umano in potenza

Perché all'inizio della nostra vita "le potenzialità sono infinite"


ma è soltanto un'illusoria aspettativa, che nella maggioranza dei casi non si concretizza.
Eppure, con buona pace degli stupidi russelliani*, non ci si cura di verificarla e di prendere atto della propria mediocrità.



* Bertrand Russell «The trouble with the world is that the stupid are cocksure and the intelligent are full of doubt.»

lunedì 3 marzo 2014

Oscar alla memoria

Questa notte il film di Paolo Sorrentino, La grande bellezza ha vinto l'ambito premio della Academy of Motion Pictures Arts and Sciences come miglior film straniero. L'autorevole associazione ha ritenuto meritevole la pellicola, che certamente ha un valore artistico di rilievo.

Quello che però mi preme rilevare in questo momento, è il significato recondito insito nel premiare un film che rappresenta la decadenza di un intero contesto culturale.

L'Italia del dopoguerra, contadina e operosa che costruiva, seguita da quella degli anni settanta che rivendicava i diritti sociali e poi da quella finanziaria dei ruggenti anni ottanta ha lasciato il posto a quella decadente e vuota di oggi, splendidamente descritta dal regista italiano.

Game Over

Per usare la lingua dell'Oscar. Fotografiamo la fine di un sistema culturale, non perché sia stato sostituito da uno nuovo, purtroppo no; questo sistema sta solo consumando come un virus tutte le risorse disponibili annichilendo tutto ciò che lo circonda.

Succede spesso nel continuum storico.

Le nazioni nascono e muoiono continuamente, con loro le opportunità e i privilegi delle persone che le abitano. Da un momento all'altro i nobili decadono, i re vengono esiliati, i gerarchi condannati, i dittatori giustiziati.
In Italia questo non accadrà, non ora. Qui si sta semplicemente riducendo una nazione all'ombra di sé stessa. Cento anni fa il Regno tentava di elevare il proprio prestigio internazionale partecipando alla prima guerra mondiale al fianco delle potenze europee.
Oggi l'Italia è, per il resto del mondo, un paese dedito all'esercizio ozioso e deviato di attività ricreative. 
L'immagine che è stata premiata questa notte non è però quella dell'intero paese, semplicemente quella della sua classe dirigente, quella che ha la capacità di mostrarsi al mondo intero, normalmente con un filtro sociale, nel caso del film per quello che è realmente.

Cosa ne è delle persone operose che contribuiscono al sostegno di questa élite?

Forse che questi nuovi servi della gleba con un mutuo quarantennale su una casa di valore irrisorio e dalla tassazione esorbitante non esistono? Eppure sempre meno vengono presi in considerazione in questo nuovo medioevo sociale, riservato solo ai locali, una sorta di eletti al contrario le cui radici volenterose sostengono una pianta avvizzita senza neppure rendersene conto.

L'Europa, seppure a fatica avanza, mentre la Grande Bellezza pervade tutti noi fino a consumarci come un cancro maligno.