... come normalmente ci fanno credere.
Mi ci è voluto tempo a comprenderlo, ma per essere umili bisogna essere consapevolmente superiori.
Già perché nonostante il concetto cattolico insito nella nostra cultura di umiltà per cui per essere umili ci si deve sottomettere è palesemente sbagliato.
Secondo tale dottrina la sottomissione, l'ubbidienza cieca sono il migliore esempio di temperanza, quando invece l'umiltà si può manifestare al meglio nell'atteggiamento diametralmente opposto.
Di contro non è arrogante chi mostra la propria competenza, bensì invidioso chi critica questo comportamento poiché ritiene che sottolinei la propria ignoranza.
Umiltà e arroganza quindi cambiano prospettiva se vengono valutate da qualcuno che si sente inferiore al proprio interlocutore, o che ha necessità di porsi ad un piano ulteriore a prescindere dal contesto.
Raramente infatti chi è in grado di intrattenere una conversazione di qualità, chi è in grado di apprendere mentre dà il proprio punto di vista, ricorre ad accuse di arroganza.
Non si odia finché la nostra stima è ancora poca, ma soltanto allorché si stima qualcuno come uguale o superiore. (Friedrich Nietzsche)
E così nel tempo, mentre mi rendevo conto della mia ignoranza, mi rendevo contemporaneamente conto che maggiore era l'ignoranza di chi mi tacciava di arroganza.
Succedeva spesso di essere definito arrogante per l'esternazione di opinioni tecniche circostanziate e documentate, il che è chiaramente impossibile se non per chi non sia in grado di comprendere i contenuti.
Ma se arrogante è chi documenta, chi sa, chi è umile?
E' davvero arrogante chi esprime la propria cifra intellettuale?
Chiaramente è arrogante chi accusa, chi non sa porsi sullo stesso piano, per invidia o ignoranza, anche se questa definizione entra in parziale conflitto con il Treccani
arroganza s. f. [dal lat. arrogantia]. – L’essere arrogante; insolenza e asprezza di modi di chi, presumendo troppo di sé, vuol far sentire la sua superiorità: non posso soffrire la tua a.; tratta tutti con a. sfacciata; parlare, chiedere con a.; mi ha indignato l’a. delle sue risposte; nel linguaggio giornalistico, a. del potere, il comportamento altezzoso, sprezzante e talora violento che spesso caratterizza chi detiene il potere.
In parziale conflitto perché in quel momento l'ignorante è colui che si pone sullo scranno del critico e del potente, per dileggiare ciò che non comprende.
E in quel momento si manifesta l'umiltà del sapiente.
Umile è colui che, conscio della propria superiorità intellettuale, o fisica poco importa, decide di non sottolineare questa qualità.
L'umiltà è la forza del non-violento dinnanzi alla violenza, tanto più se ha la capacità di difendersi ottimamente dalle percosse.
E' umile colui che potrebbe facilmente dimostrare la propria superiorità e non lo fa, che si astiene dall'arrogantemente rispondere ad arroganti accuse ed evita il confronto impari.
L'umiltà è quindi non la capacità di sottomettersi al prepotente senza protestare, bensì la rinuncia consapevole al proprio diritto di legittimazione in luogo di un attimo di serenità, non già modestia e limitazione, bensì una profonda consapevolezza della propria superiorità e dell'impossibilità di dimostrarla.
Essere umili è conoscere sé stessi, la conoscenza dei propri limiti e la dimensione della propria forza.