Domanda centrale nel pensiero del protagonista del successo cinematografico della fine del XX secolo.
Cos'è Matrix? Mi chiedo oggi
E' la prigione per la mente dove inconsapevoli esseri umani vengono coltivati per produrre energia?
No; la prigione non esiste.
C'è abbastanza consapevolezza in ogni essere umano adulto per capire cosa sia giusto o sbagliato, cosa sarebbe opportuno fare per garantire un discreto livello di benessere a tutti.
Matrix è la convenienza.
L'interesse personale che fa passare in secondo piano il senso di giustizia. Secondo un ideale filosofico che si può far risalire al britannico Hobbes, gli uomini agiscono per interesse e non si curano degli altri uomini se non in maniera marginale o in equilibrio di interessi.
Sulla base di questo concetto, si sono sviluppate e ampliate le teorie economiche moderne, si è dato vita alle varie rivoluzioni industriali, si è giunti dal XVI fino al tardo XIX secolo.
Poi qualcuno iniziò seriamente ad interrogarsi (nuovamente) circa l'etica.
Si elaborarono teorie circa l'uguaglianza delle persone, si ripudiò la schiavitù, si iniziò a pensare che un mondo equo potesse esistere. Per dare peso a queste teorie si coinvolsero nel processo di governo le masse e si ridiede vigore alla democrazia.
E si pensò che la vita fino ad allora fosse stata una prigionia per la maggioranza delle persone.
E invece la prigionia è nell'immaginazione. Ci sono miliardi di persone che non immaginano un mondo migliore e che non fanno nulla per ottenerlo.
Tutelano, spesso pigramente e con superficialità, ciò che hanno, nel disperato tentativo di avere di più senza rischiare di avere meno.
Questa è Matrix.
E' il baratto del noi per l'io, l'impossibilità di dare e la disperata competizione per avere di più.
E ogni volta penso a John Nash e alla semplicità delle sue teorie che ancora oggi faticano a mettere radici.
Poi penso ad un formicaio e a cosa siano in grado di fare milioni di formiche unite, semplicemente perché non passano l'intera vita a cercare di essere tutte la regina, ignare ma quasi consapevoli, che la felicità non è nel tutto, ma nella possibilità di non avere niente intorno al nostro pensiero felice.
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