...poiché credo che sia il maggior responsabile del disfacimento della cultura occidentale.
Un giorno qualcuno decise di far divertire gli adulti nella stessa maniera in cui si divertivano i ragazzini e il mercato del entertainment, del divertimento, divenne una gigantesca ruota panoramica che ci estranea dalla società.
Vaghiamo da un divertimento a un altro, lavorando per permetterci di non lavorare, bevendo e stordendoci per alterare la nostra percezione della realtà, delegando ad altri i compiti che non vogliamo affrontare, un po' come se fossimo bambini che preferiscono dedicarsi al gioco che al lavoro.
Nel frattempo Walt Disney ha rilanciato e ammodernato modelli sociali settecenteschi, prendendo dalla tradizione Cenerentola e il Principe azzurro e regalandoci il sogno americano.
Così se i nostri nonni erano impegnati a trasformare la fatica in cibo, noi trascorriamo le giornate trasformando il cibo in divertimento, giacché di lavorare non v'è traccia.
La nostra attività primaria, trascorso un necessario numero di ore in un luogo in cui si presume dobbiamo produrre risorse o servizi, è trovare uno o più modi per consumare il denaro ottenuto in attività ludiche e acquistando oggetti che spesso non hanno altra utilità se non quella di fornirci divertimento.
E oggi sempre più persone, generazione dopo generazione, si orientrano al divertimento, al frivolo pensiero, alle ferie, al week-end e sempre meno ad altri aspetti della vita, come ad esempio la fomazione culturale, la vita sociale, la consapevolezza di sé.
Non a caso i dilemmi filosofici dell'ottocento, nichilismo in testa, hanno perso la loro capacità di penetrazione con l'evoluzione progressiva della società di massa.
La massificazione ha portato all'uniformità, l'uniformità alla spersonalizzazione, la spersonalizzazione all'assenza di critica, l'assenza di critica alla stupidità.
Chi non ricorda il film "L'attimo fuggente"?
Questo film si presta a diverse chiavi di lettura. Mentre ascoltiamo le parole del professore che ci incita a cogliere il nettare della vita attraverso l'imperativo latino carpe diem, possiamo trovare nel giovane protagonista che interpreta il personaggio shakespiriano di Puck, la necessità di seguire i propri sogni e vivere i propri desideri ribellandosi all'autorità.
Qual'è la soluzione allora? Semplicemente non esiste.
La mancanza di difficoltà della moderna società, la sicurezza del focolare e della ripetizione continua delle attività principali, ha in sintesi ofuscato la capacità di valutazione. Oggi sappiamo soltanto decidere in maniera precostituita, agire e non reagire.
E così andiamo a divertirci perché lo abbiamo individuato come attività primaria della nostra esigenza e patiamo la depressione nella privazione determinata dall'impossibilità di avere ciò che desideriamo.
Abbiamo necessità di controllare le nostre vite per non essere destabilizzati dalla variabilità dell'ambiente, per poter decidere quali siano i cambiamenti che vogliamo inserire nelle nostre esistenze.
Walt Disney ci ha fatto credere che essere felici sia realizzare i desideri, e non ottimizzare le variazioni che s'insinuano nelle nostre vite; ci ha fatto pensare che desiderare porti alla felicità, relegandoci a vite di infinita tristezza per ciò che non possiamo avere.
Non ci resta quindi che aguzzare la mente, tornare a pensare, tornare a risolvere problemi, tornare a porsi più domande che a cercare soluzioni. Smettere di divertirsi con attività rassicuranti e divertirsi con l'imprevisto.
La vita non è nel divertimento, il divertimento è nella vita.
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