venerdì 25 luglio 2014

La Giustizia non si manifesta

... più propriamente non è mai nata, non si è mai incarnata.

Chiariamo le idee sul concetto di giustizia.

La Giustizia non esiste in quanto frutto di leggi che vengono elaborate nel processo politico con l'accordo delle parti.
Se ci fosse un giustizia immota e incontrovertibile non si dovrebbe piegare neppure alle leggi.

E così pensiamo alla droga e all'omicidio.

La droga uccide, uccidere è reato, vendere droga è illegale e lo Stato combatte chi la produce e la commercializza.
Le sigarette uccidono, vendere sigarette è legale e le lobby del tabacco hanno fatto spesso passare, nei decenni passati, il tabacco come una sostanza gradevole che dona vigore e piacere.

La Morale è amica della Giustizia, e neppure lei esiste.

Già perché la morale si forma all'interno di una cultura, che come si sa è regolata dalle leggi. Inutile tentare di scindere l'amalgama olistica che forma questo insieme. Il tutto che racchiude questi concetti è composto dal nucleo sociale, dalla tribù d'appartenenza che viene connotata da criteri ancestrali.

L'appartenenza dinastica è il trait-d'union atavico che permette agli uomini di riconoscersi e in assenza di questo si sono individuati surrogati efficaci come il branco, la tribù, la nazione.

Oggi però l'appartenenza è fluida, ci spostiamo dinamicamente tra gruppi diversi, occasionalmente in contrasto tra loro.

Lavoriamo per una grande azienda quando poco prima lavoravamo per la concorrente. Apparteniamo ad una nazione, ma siamo disposti a cambiarla sulla base di scelte di vita personali. Siamo in grado di voltare pagina in un attimo senza recriminazioni e giustificazioni di sorta.

Questo perché la diversità è ormai accettata.

Ed è diventata un valore aggiunto quando per secoli è stata considerata una colpa. La diversità però male si integra con l'uniformità valoriale che crea il gruppo. Inserendoci in un nuovo contesto sociale ci troviamo a vivere in un ambito in cui non siamo stati educati, non siamo perfettamente allineati e di cui spesso non comprendiamo i risvolti etici.


La giustizia non si può rintracciare, perché non esiste.

Normalmente ci fa comodo credere, come qualcuno crede a un Dio, che ci sia un'entità superiore che tutela la nostra salute e "libera nos a malo" obbedendo ad una pigra e fatalista invocazione che non manchiamo di formulare secondo le nostre esigenze.

Chi invoca Dio, quello sì incarnato per precauzione, o invoca la Giustizia assoluta, non fa altro che spostare all'esterno la responsabilità della decisione, così come chi si reca ai seggi per individuare un rappresentante da additare per ogni colpa.

Il capro espiatorio di ancestrale concezione è oggi concettualizzato, ma se non sacrifichiamo più un essere vivente alle forze della natura, sacrifichiamo la nostra volontà ai concetti, ignorando che non v'è altro dio al mondo se non la nostra capacità di agire.

giovedì 17 luglio 2014

Il potere della tecnologia intelligente

In questi ultimi anni la tecnologia informatica ha iniziato ad accelerare secondo la forma geometrica del progresso.

Il marketing e la popolarizzazione della tecnologia hanno però portato in auge ciò che si può far corrispondere al VHS del nuovo millennio, il touch screen


Appare chiaro che la strategia "alla Jobs" è quella di rendere sempre più popolare la sua invenzione, di rendere minimale quel suo sogno di ragazzo degli anni settanta.

Ognuno ha il proprio personal computer, anzi device

Non possiamo fare a meno di girare inebetiti con un uno smart-qualcosa per sopperire alla nostra sempre minore necessità di intelligenza; e mi ritornano alla mente le critiche che si narra Socrate muovesse alla scrittura per la sua capacità di limitare l'esercizio della memoria e quindi della cultura.

L'intelligenza artificiale pensa per quella umana?

Neppure per scherzo, le applicazioni informatiche, le apps, sono appunto qualcosa che viene applicata, non di certo qualcosa che agisce autonomamente.
La facilità di calcolo dei nuovi sistemi tascabili, non a caso i computer venivano chiamati calcolatori, rendono questa parvenza di intelligenza che in realtà non è altro che una lunghissima sequenza di operazioni il più delle volte elementari.

L'intelligenza sta nella scelta, come sempre.

E' realmente smart chi istruisce i calcolatori, chi sa interpretare o condurre le necessità e a tal fine crea algortmi logici che permettano semplificazioni materiali.
Ciò che realmente è cambiato non è il mondo o il modo di pensare, ma il numero di operazioni al minuto che si possono eseguire.
In pratica questa semplificazione tecnologica, questa idea che sia tutto più facile e immediato, non è altro che una estrema complicazione che sfugge alla nostra comprensione.

E così ci troviamo tecnologicamente avanzanti, a toccare schermi intelligenti mentre la scomparsa di menu di scelta non ci lascia che reazioni indotte come quelle di una scimmietta da laboratorio.
E' davvero questo ciò che immaginavamo dall'era della comunicazione?


venerdì 4 luglio 2014

Qualità marginale della vita

oppure della morte.

In questo periodo di rinnovamento dovuto all'impatto delle nuove teconologie informative, stiamo soffrendo dell'incapacità previsionale della politica "glocale", ovvero quella nazionale.

Sembra che nessuno si sia accorto della lottizzazione del Sistema paese avvenuta negli ultimi venti anni, di come grandi famiglie, ognuna con i propri contatti, si siano spartite le infrastrutture nazionali e abbiano goduto dei benefici del rientro dei soldi prelevati ai loro dipendenti attraverso le imposte.

Lo stato finanziava carrozzoni parastatali che non rispettavano le prescrizioni normative, creando una spirale di decrescita quasi circoscritta. Il controllo dell'informazione interna ha creato una sorta di sigillo, rotto soltanto dalla necessità internazionale di aderire alla UE.

Questo sistema iniziò a scricchiolare quando si entrò nell'euro, la una tantum di prodiana invenzione sembrò l'ultima chiamata alla credibilità.

Una chiamata che nessuno colse.

L'idea di aver preso il treno al volo riempì di euforia la nostra classe dirigente che continuò  a smembrare e lottizzare (Telecom Italia, Autostrade, Ferrovie) senza notare la piccola falla nel sigillo, quella Costituzione europea che in sordina venne approvata.
 Il giorno in cui approvammo il trattato di Lisbona e mettemmo in comune la nostra autorità, il resto dei nostri coinquilini pretese che tenessimo fede agli impegni e ancora oggi ce ne chiede conto.

Così, come se tutto fosse apparso di punto in bianco, oggi scopriamo che i treni arrivano in ritardo, che la corruzione di corte è dilagata intaccando le risorse e le infrastrutture del Paese.
I cortigiani si scoprono dei leccapiedi, i politici dei fantocci, i cittadini delle ottuse e inconsapevoli marionette conquistate con promesse di ricchezza, come i nativi americani allettati con specchietti e alcol.

E la qualità della vita è in calo marginale.

Quel tanto da disincentivare la rivoluzione, quel poco da sembrare passeggera. Sembra che la ripresa sia dietro l'angolo eppure la crisi dura da oltre vent'anni.
La politica locale fa promesse che non può mantenere, viviamo con una struttura sociale ancora troppo evoluta, gonfiata dalla Guerra fredda, alimentata dalla distrazione colpevole di chi non voleva vedere.

Se l'appetibilità marginale della vita cala, crescerà quella della morte. Una soluzione in natura c'è sempre. Andrà tutto bene e se non sarà così, andrà comunque e sempre nell'unico e miglior modo possibile.