lunedì 28 aprile 2014

Nazionalisti nel mondo globale

In occasione delle elezioni europee, non è possibile ignorare come la paura del cambiamento stia generando, nelle persone meno adatte, un rigurgito nazionalista sincopato.

Sacco e Vanzetti.

Le loro vicende mi tornano alla mente ogni volta che leggo o sento commenti razzisti, ogni volta che vedo maltrattare extracomunitari la cui unica colpa sta nell'ignoranza.
La paura dello straniero affonda radici nella necessità della gente di blandirsi e cercare un colpevole diverso da sé stesso, incarnare il Diavolo per alleggerire la propria anima.

Il mondo però è globale

Poveri di ogni parte del pianeta si muovono agevolmente per sfuggire alla spazzatura e alla povertà, in cerca di un futuro migliore restano invischiati nelle maglie di un'economia i cui numeri sono cresciuti esponenzialmente.

La trasformazione culturale multietnica sta mietendo vittime ovunque. Nella necessità di favorire la comunicazione tra diverse etnie si è adottato lo stesso sistema tradizionale che rese grande la gente cinese un paio di migliaia di anni fa, Steve Jobs viene osannato quale guru della comunicazione per aver avviato un processo basato su ideogrammi.
Ciò che però non è stato considerato è che la scrittura a ideogrammi dev'essere accompagnata da profonde riflessioni filosofico-semantiche al fine di non limitare la comunicazione al segno, bensì elaborare significati articolati attraverso la combinazione e la contestualizzazione dei segni.
Se i francesi sono in grado di comprendersi pronunciando diverse parole nella stessa maniera, se gli inglesi possono attribuire significati diversi allo stesso lemma, se i cinesi possono sintetizzare concetti articolati in un simbolo, se tutto ciò è possibile è perché vi è dietro un profondo lavoro di interpretazione.

Semplificare è una procedura complessa

Non può essere fatta con leggerezza e superficialità. La nascita del formato mp3 (ancor prima forse la musica moderna), ha distrutto in un attimo il piacere di ascoltare buona musica, ha ridotto lo spazio occupato sul nostro hard disk consentendoci di conservare milioni di canzoni, nessuna delle quali di alta qualità
E così gli ideogrammi dei tablet, quelli che chiamiamo icone e si ricollegano alle cosiddette app, anche questa un'abbreviazione di application, ci permettono di semplificare, di visualizzare, di tradurre senza però considerare il significato, che del resto poco importa.

Il significato è una variabile

Da millenni cerchiamo di definire il significato delle cose senza poterci riuscire. Nietszche ci ha negato chiaramente ogni possibilità, dicendoci che tutto è vero solo nelle nostre interpretazioni, Freud, Jung che ha ripreso i classici orientali, tutti focalizzati sul significato; poi arrivano i tablet.
Di colpo tutto è omologato e il diverso ritorna sbagliato. In un'altalena di valori riviviamo il nazionalismo pre-bellico, quello che si era opposto convulsamente all'amalgama disequilibrata di popoli della Società delle nazioni e che aveva permesso la nascita delle Nazioni Unite nell'intento di creare un mondo globale.

Oggi le nazioni non sono unite

Tornano ad essere divise da prerogative ridicole, basate su simboli risibili e ignoranti del passato, mentre la capacità espressiva si disperde e si amalgama, mentre la lingua identitaria diventa un ostacolo nella comunicazione globale, andiamo a votare per l'Unione delle nazioni europee al grido nazionalistico di «siamo a casa nostra, che gli altri si adeguino».
La popolazione è schizofrenica, o forse solo ignorante. Chissà della cultura del passato cosa potrà restare, speriamo non solo l'odio per la diversità, speriamo che un lume possa sopravvivere.

martedì 22 aprile 2014

Cronaca di una morte annunciata

...quella di una cultura, che forse non è mai esistita.

Enel, dopo la campagna pubblicitaria 2013 (visibile qui) in cui elevava a guerriero ogni persona che svolga una vita assolutamente normale, anzi perfino banale, prosegue la propria campagna demagogico-speculativa passando in rassegna molti degli avvenimenti e dei personaggi rilevanti della storia italica, in un medley tra sacro e profano dove le invenzioni di Leonardo, si trovano accanto alla Dolce vita, dove il Colosseo è accostato agli spaghetti al dente, il Mondiale di calcio di Germania all'Impero romano (tutto quanto), i "Maestri dell'artigianato" al Rinascimento (tutto anche questo) e Raffaello, Michelangelo, Caravaggio, Pinocchio; esattamente in quest'ordine.




Uno spot abominevole che in ultimo sostiene che sia ora di guardare avanti, di costruire qualcosa di cui essere di nuovo fieri. Enel dimentica di dirci però chi siano quelli così orgogliosi del loro passato da non lavorare per il futuro.

Gli Italiani?

Quelli che fino a due decenni fa non sventolavano il tricolore perché era un atto fascista e che oggi in buona parte inneggiano al separatismo?
Quelli che hanno tutti un parente emigrato e odiano gli immigrati?
Quelli che ripudiano la guerra e mandano truppe armate in giro per il mondo?
Quelli nella cui Costituzione, come nel filmato Enel non vengono mai citati?

E così aggiugiamo un altro pezzo al puzzle della decadenza, dopo il premio Oscar al film "La grande bellezza" (dii cui al precedente post) e nell'attesa del sigillo sulla tomba di questa nazione, di questa società tentacolare che dal singolo attributo ricava una teoria, in cui godiamo perfino dell'orgoglio di appartenere ad una cultura decadente.

Riusciamo ad essere orgogliosi del nostro fallimento, e ignari ci presentiamo al resto del mondo come degli illustri falliti.

Fallito è il sistema economico, fallita è l'industria, fallito è il cinema, falliti sono tutti quelli che hanno pensato per decenni di poter vivere sulle spalle altrui.
Fallita è l'Italia dei guerrieri che combattono per un posto in metropolitana o che s'indignano per l'esclusione di un giocatore dalla nazionale.
Fallita è una cultura che si disperde al vento con la capacità linguistica dei suoi cittadini, sempre più ignoranti e sempre più attratti dagli ideogrammi che appaiono sul loro tablet.

La storia è nata dalla scrittura e con la scrittura finirà.

E così, nel meltin'pot di razze e culture che ha fatto grandi nazioni come la Greater Britain (no, non è un errore) o gli Stati Uniti d'America, riusciamo a prendere solo il peggio e abbandonare ogni residuo d'orgoglio per bearci della disfatta.
In questa guerra culturale, i barbari sono arrivati a Roma ancora una volta dal Nord, ma questa volta non portano arretratezza e distruzione, portano semplicemente la razionalizzazione weberiana e la società civile europea che certamente rifiuteremo.

martedì 8 aprile 2014

Il cucchiaio non esiste


E' questa la verità?

Nessuno ovviamente può saperlo, ma è certo che la verità vada cercata, pur con la consapevolezza di non volerla trovare.

La ricerca, la crescita intellettuale, superano la fisica e abbracciando la metafisica ci portano a comprendere ciò che apparentemente non esiste.
Ma se non esiste neppure il cucchiaio, se ciò che è tra le nostre mani ora, non è necessariamente reale, significa che neppure noi lo siamo.
Significa che la nostra vita va oltre la fisicità delle nostre pulsioni, dei nostri bisogni necessari.

Torniamo quindi alla sintesi di Descartes, il suo celeberrimo «cogito ergo sum»?

Ebbene sì, l'uomo è pensante e in quanto tale deve aspirare a superare il -qui ed ora- e abbracciare l'allegoria della vita come uno stimolo a superare la fisicità del mondo.
Essere parte del genere umano è quindi saper immaginare, sognare ad occhi aperti e non fermarsi alla risposta che ci viene fornita dai nostri sensi.

L'uomo elabora le sensazioni e ne restituisce al mondo una nuova visione, chi non riesce a farlo non può aspirare a definirsi tale, chi non sa pensare è mero strumento nelle mani di altri uomini.

In un mondo non reale, solo la capacità di pensiero rende realmente liberi.

giovedì 3 aprile 2014

L'etica del domani

Recentemente sono rimasto folgorato da queste parole di Freud:

«Ed è vero che l'etica, com'è facile riconoscere, tocca il punto dolente di ogni civiltà. Perciò va intesa come un esperimento terapeutico, come lo sforzo di raggiungere attraverso un imperativo del Super-io ciò che finora non fu raggiunto attraverso nessun altra opera civile.»

Sono il compendio di una riflessione interiore che mi arrovella da anni.

L'etica del passato, intesa come compendio di valori morali, è ancora valida? Sarà valida domani?
Sono sempre valide le riflessioni deontologiche, o è corretto riferire tutto ad un contesto pragmatico consequenziale che si limiti a valutare i risultati?

Dobbiamo definire regole in cui agire o limitarci alle decisioni del momento?

Forse che la società odierna stia semplicemente ridefinendo i presupposti su cui si fonda la propria etica e questo periodo di vacatio morale getti tutti nello sconcerto? L'accelerazione fornita dall'informatica a tale cambiamento, come peraltro ad ogni aspetto della vita moderna, è centrale. Il cambiamento sociale è ormai infra-generazionale. Il divario non è più tra genitori e figli, bensì tra il nostro essere di ieri e quello del giorno dopo.

Noi stessi mutiamo i valori etici più volte nel corso della vita. Siamo troppo veloci per essere coerenti.

E così il nostro stesso agire convulso e disordinato stritola la certezza del diritto e concetti come quello di nazione, distrugge i rapporti sociali con la stessa facilità con cui li fa nascere, ci impedisce di dedicare la nostra vita ad un obiettivo o un ideale, poiché sappiamo che diverrà obsoleto dopo poco tempo.

In un mondo in così veloce mutazione è sempre più difficile mantenere l'attenzione su un disegno di lungo periodo, ma così facendo tendiamo a distruggere ciò che stavamo costruendo un attimo prima.

Costruiamo castelli di carte senza un'apparente ragione e innalziamo monumenti alla vacuità nell'attimo in cui decidiamo di distruggerli e ricominciare.
La Metafisica ha tolto senso alla vita, la precarietà della condizione umana ha svalutato la collettività, privato di interesse alla continuità. Quella continuità che una volta si sarebbe trasformata in blasone, in tribù, in nazionalismo, oggi è niente; è un peso da portare.

Ripenso così all'immaginario freudiano in cui l'etica è esperimento di auto-miglioramento, un tentativo che, un secolo dopo, possiamo definire clamorosamente fallito, trasformato in un progetto di demolizione sociale e di riduzione alla barbarie.
Una mutazione prevista anni fa da Alessandro Baricco che la definisce «uno smantellamento sistemico di tutto l'armamentario mentale ereditato della cultura ottocentesca, romantica e borghese». Ciò che Baricco non aveva previsto era però il soggetto della mutazione. L'impressione che ne ebbe l'autore fu quella di un'invasione, di un conflitto sociale, mentre in realtà i nuovi valori che ancora non si sono chiariti sono già qui, sono intrisi nel tessuto sociale e si stanno definendo, ci stanno ridefinendo poiché siamo parte della società in cambiamento.

E quelli che pensano ancora all'ideale, alla giustizia in quanto principio, alla società quale paradiso collettivo, sono gli ultimi dei romantici. Siamo gli irriducibili amanti di un insieme di valori che si stanno estinguendo in attesa dell'etica del domani.