venerdì 21 novembre 2014

Smart cosa?

Perché sembra che di smart, intelligente, ci sia sempre meno al mondo. Da tempo rifletto, come tanti, sulle implicazioni di questa rivoluzione social.

Le riflessioni mi portano a riprendere spesso le teorie di Alexis de Tocqueville circa la società di massa, ma nonostante la pessimistica visione dell'intellettuale francese, a rivederla in peggio.
La rivoluzione informatica si sta volgendo ormai all'utilizzatore finale. Non è più una materia per smanettoni, ormai ogni aspetto della nostra vita viene riassunto in una "app" già chiamato programma o applicazione informatica.

Tutto è app, tutto è facile, perché si sa che la persona normalmente pigra vuole soluzioni comode. E così comodamente, dopo aver ceduto sovranità allo stato, mi rifaccio come spesso faccio a John Locke quale padre fondatore dello stato moderno, cede informazioni riservate, le più intime in assoluto, all'apparato informatico.

Siamo schiavi del device

per usare un termine esotico molto in voga fra i patiti di marketing e relazioni sociali. Per mezzo di questo attrezzo elettronico, possiamo svolgere facilmente operazioni che richiederebbero altrimenti coordinazione, maestria, pratica, fatica, tempo.

La rivoluzione smart è diventare sempre più pigri, togliersi perfino il piacere di andare a fare shopping. Diventare consumatori neurali, comprare tonnellate di oggetti senza neppure doversi alzare dal letto, per poi mostrarne foto sui social network e discuterne in chat o su skype.

Eppure fuori c'è un mondo, lo stesso mondo in cui fatichiamo tanto a creare un'immagine di noi che raramente corrisponde al vero, ma che corrisponde spesso a quella che potremmo avere se lavorassimo duramente per costruirla.
Alla stessa maniera realizziamo dei falsi noi sui social network, utilizziamo foto false o ritoccate, mostriamo i nostri lati migliori, studiamo attentamente cosa scrivere, e per fare questo usiamo uno strumento informatico.

Così accade che lo strumento che usiamo prende il controllo.


Esistono ditte commerciali che per poche centinaia di euro offrono l'accesso alle e-mail di migliaia o milioni di soggetti ignari, persone che hanno probabilmente dato il consenso informato per l'assicurazione auto o per la raccolta punti del supermercato oppure per l'accesso a facebook.

Persone che utilizzano lo smartphone continuamente, conservando le foto non ritoccate, i propri dati sensibili, la propria corrispondenza, ogni tipo di informazione personale nella convinzione di averne il controllo.
Molti hanno sentito parlare della vulnerabilità di Windows, pochi si curano di conoscere la ben maggiore vulnerabilità di Android e Apple.

La semplificazione passa per la rinuncia.

Per semplificare l'uso dei computer, per permettere l'uso di un palmare a qualsiasi essere dotato di un dito e capacità cognitive insufficienti a gestire un menu di scelta, si è deciso di sacrificare la privacy.
Oggi è sufficiente premere il dito indice in menu a scelta limitata, come fanno i bambini in età pre-scolare, e proseguire in un percorso di briciole di pane tracciato da qualche Pifferaio magico che neppure conosceremo mai, il cui intento è condurci sull'orlo di qualche dirupo digitale utilizzando le informazioni lasciate incustodite all'interno del nostro device.

E' finità l'epoca della riservatezza, è caduto ogni barlume di privacy, così come sono diventate superflue l'intelligenza e la capacità di adattamento ambientale che avevamo in quanto animali.

E in questo mondo di facciate e traffico di dati fittizi, per essere diversi e non lasciare spazio al ricatto sociale, non ci resta che un'ultima residuale alternativa; essere onesti.

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